Gabrielle Noél, o.s.u.
Carissimi amici, è un grande onore essere in mezzo a voi oggi, essere presente a questo Convegno che celebra la diffusione del carisma di Sant’Angela nel mondo intero. Mi sento come la delegata della beata Maria dell’Incarnazione per rendere grazie assieme a tutte le Orsoline dell’Unione canadese, specialmente per quelle del Québec. Io vivo nel monastero fondato dalla beata Madre, che è molto vicino alla sua tomba.
Maria dell’Incarnazione (Marie Guyart) ha vissuto nel carisma di Sant’Angela senza esserne probabilmente cosciente, vivendo secondo il piano che Dio aveva su di lei. Quando confronto l’una con l’altra, la preghiera di Sant’Angela e quella della beata Maria dell’Incarnazione, constato che uno stesso spirito ha animato le due donne.
Che cosa vi trovo?
L’espressione di una grandissima umiltà, una riverenza e un’ammirazione per Dio molto grandi che si traducono in una profonda adorazione e in un acuto desiderio di lavorare per l’avvento del Regno di Dio.
Molto giovane, Maria dell’Incarnazione è stata preparata a una vita d’intimità con Cristo. Ha appena 7 anni quando Gesù le appare in sogno e l’interpella: «Vuoi essere mia?». La risposta non si fa attendere: «Io Gli risposi “Sì”». Ecco proprio le parole di fidanzamento che preparano il matrimonio mistico che Maria conoscerà il giorno di Pentecoste del 1627.
Questo sogno meraviglioso lascia alla bambina privilegiata un gusto della preghiera e un grande amore per i poveri. Maria ama entrare in chiesa. Ella sceglie un posto dietro un pilastro per non essere disturbata nella sua preghiera. Parla di tutto a Gesù come a un “grande amico”. Questa attrattiva per la preghiera così come la carità nei riguardi dei più deboli, furono tratti caratteristici anche dell’infanzia di Sant’Angela.
A 14 anni, Maria Guyart esprime a sua madre il desiderio di entrare in convento. Lei le risponde che il suo carattere, dalla giocosità naturale, non sembra proprio adatto a una vita religiosa. Maria non insiste, ma sente nella voce di sua madre quella dello stesso Dio. Come si usa all’epoca, i genitori si preoccupano di trovare uno sposo per la propria figlia.
Così, all’età di 17 anni, Maria accetta di sposare Claude Martin, un setaiolo di Tours, buon ragazzo, che possedeva tutto per renderla felice. Accetta lei stessa la maternità e mette al mondo un figlio che porterà il nome di suo padre, Claudio. Diventerà un monaco benedettino ed è grazie a lui se noi possediamo l’autobiografia di Maria dell’Incarnazione e la voluminosa corrispondenza che lei gli indirizzò durante i 33 anni che passerà in Canada.
La vita coniugale durerà poco. Il bambino aveva appena compiuto sei anni quando arriva la morte del babbo. Il fallimento dell’attività commerciale, gli intrighi di una donna gelosa minano la salute del signor Martin e lo conducono alla tomba. Maria ha appena 19 anni. Eccola vedova con un figlio da allevare e dei creditori da pagare. Qui si manifesta la fede di questa donna pia che mette in Dio tutta la sua esperienza che esprime così: «Io ho esperimentato che Dio è sempre con quelli che sono nella tribolazione» . Noi ritroviamo la stessa fede fiduciosa di Sant’Angela in occasione della morte di sua sorella e dei suoi genitori.
I conoscenti di Maria credevano che lei dovesse risposarsi. Lei non lo desiderava affatto. Si ritira dal mondo per dedicarsi all’educazione di suo figlio. Dopo riceve una richiesta di collaborazione da parte di suo cognato. Egli ha bisogno di una donna per occuparsi dei suoi cinquanta impiegati, che trasportano le mercanzie arrivate per via d’acqua. Con generosità, Maria accetta di servire questi uomini, talvolta molto rudi. Se ne prende cura, parla loro di Dio, li aiuta a regolare i conflitti. Senza dubbio, vi ritroviamo il dono della riconciliazione così vivo in Sant’Angela. Infine, monsieur Buisson le affida la gestione del suo commercio di trasporti. Durante quasi dieci anni, madame Martin assumerà questo incarico continuando la sua vita di preghiera, come dimostra questa confidenza: «Talvolta, era mezzanotte ed io ero ancora sulla banchina a caricare e scaricare la mercanzia ed io non avevo perso la presenza del mio Signore» . Tutti i giorni si recava in chiesa per la santa Messa e noi conosciamo l’invocazione che ripeteva andando al lavoro: «In Te Domine speravi; non confundar in aeternum. In Te Signore ho sperato, non sarò confuso in eterno» .
Maria era stata ricolma di favori spirituali straordinari, anche quando era laica. Si ricorda la visione del Sangue, alla quale attribuirà la sua conversione. Il 24 marzo 1620, mentre sta occupandosi dei suoi affari, si sente improvvisamente frenata «ad un tratto interiormente ed esteriormente» e il ricordo dei suoi peccati e imperfezioni le viene in mente in modo dettagliato e con precisione. Nello stesso momento si vede immersa nel Sangue del Figlio di Dio e comprende che questo Sangue prezioso è stato versato per la sua salvezza. Questa vista le era insopportabile, ma nello steso tempo esperimenta che questo Sangue è un Sangue salvifico. Immediatamente si reca da un confessore per ottenere il sacramento del perdono. Ritornata a casa, confessa di sentirsi una creatura nuova. Sperimenta il sacramento del perdono come una rigenerazione. Qui, si ritrova la preghiera di Sant’Angela quando lei domanda al Signore di perdonare i suoi peccati e quelli della sua famiglia: «… degnati di perdonare le mie offese … per il Sangue prezioso che hai sparso per amor nostro, per il tuo santo Nome, o Gesù».
L’educazione di suo figlio Claudio, il servizio al prossimo all’interno di una vita di preghiera occupano tutte le sue giornate. Il desiderio di darsi completamente a Dio la insegue. Si sente attratta dalla comunità delle Orsoline stabilita a Tours nel 1622. Dopo una voce interiore si fa sentire: «Non c’è più alcun posto per te al mondo, affrettati» . Suo figlio ha ora 12 anni, età che all’epoca, un giovane si mette a lavorare. Maria prega, consulta e finalmente domanda di entrare presso le Orsoline di Tours perché, dice, questa comunità si dedica alla salvezza delle anime. Momento difficile questo 25 gennaio 1631 per suo padre, suo figlio, lei stessa! I coniugi Buisson, per i quali lei ha lavorato per 10 anni, accettano di rendersi responsabili di Claudio.
Liberata dalle fatiche degli affari materiali, priva delle preoccupazioni per l’educazione di suo figlio, Maria sperimenta la sollecitudine divina verso quelli che si affidano alla volontà di Dio. Durante la sua vedovanza, quando era allo stato laicale, Dio l’ha favorita di grandi luci spirituali, specialmente sul sublime mistero della santa Trinità. Il Cristo è il suo Sposo. Ella sa molto bene che una sposa terrena si preoccupa degli interessi del suo sposo. A più forte ragione, ella si deve dedicare agli affari del suo Sposo celeste. E quali sono questi interessi? Non è la salvezza del mondo per la quale Egli ha versato il suo Sangue? La sua preghiera ha questa intenzione e si fa sempre più fervida. Durante il noviziato, le autorità religiose hanno intuito qualche aspetto della sua spiritualità. Le sue compagne sono molto più giovani di lei. È allora che si chiede a Maria, divenuta suor Maria dell’Incarnazione, di istruire le sue giovani compagne sulle verità della nostra fede. Alcune novizie hanno conservato alcune note preziose dei suoi insegnamenti sul commento di certi versetti del Cantico dei cantici, sul ruolo degli Angeli, sulla mediazione del Cuore di Gesù come via al Padre celeste. Di più, Maria riceve una comprensione privilegiata della Sacra Scrittura.
Verso gli anni 1633-1634, un avvenimento inatteso viene a scombussolare la giovane religiosa, sempre disposta a entrare nei piani divini. Come non pensare alla nostra Madre Sant’Angela che, a sua volta, si è sentita chiamare a una missione particolare? Per Maria dell’Incarnazione, si tratta di una visione interiore: un grande paese le si presenta, pieno di montagne, di foreste, di fiumi, di nebbia … La Vergine Maria e il suo Beato Infante fanno parte di questo paesaggio. Nessuna parola, se non il gesto della Vergine che abbraccia per tre volte la giovane Orsolina. È un risveglio. Che significa tutto questo? Ella è meravigliata, lei che da quando era giovane sperava di vedere la Vergine Maria prima di morire. Dopo, nella cappella, al suo posto nel coro, Maria rivede questo meraviglioso spettacolo. Nel mezzo della sua preghiera, una parola si fa intendere: «È il Canada che io ti ho fatto vedere; bisogna che tu ci vada per erigere una casa a Gesù e a Maria» . Maria sente, ma non comprende. Il Canada? All’epoca, se ne conosceva a stento il nome … Il Canada! Luogo di evangelizzazione dove i Padri gesuiti predicavano la buona Novella a delle tribù selvagge. Andare in Canada! Lei, una donna, una religiosa, una religiosa claustrale! … La sua riposta assomiglia a quella della Vergine Maria all’Arcangelo Gabriele: «Signore, tu lo sai, io non sono capace di fare niente, ma tu puoi tutto, io voglio fare la tua volontà» . All’inizio, l’Orsolina crede che si tratti di fondare una casa di spiritualità. Con la sua preghiera, unita a quella delle sue suore (alle quali si confida) e all’opera dei buoni Padri gesuiti, insieme, pregano il Padre celeste per l’espansione del Regno di Dio. Ma molto presto, nonostante tutto, Maria capisce che Dio le domanda di più. Preghiere, consultazioni, sforzi, tutto è intrapreso per eseguire il piano di Dio. Lui non è a corto di mezzi. Susciterà in una donna ricca, vedova d’Alençon il desiderio missionario che si concretizzerà in un progetto reale: offrire tutti i suoi beni materiali e la sua propria persona per partecipare alla fondazione della prima scuola per fanciulle in America.
La fiducia in Dio opera dei miracoli. Gli ostacoli cadono, i permessi sono accordati, le reclute sono trovate. Il 4 maggio 1639, tre Orsoline, madame de la Peltrie, la sua dama di compagnia, accompagnate da tre sorelle agostiniane e da tre Padri gesuiti s’imbarcano a Dieppe per un viaggio che durerà ottantotto giorni. Sarà un’attraversata penosa: minaccia di pirati, tempeste, pericolo di infrangersi contro una banchisa, mal di mare, niente è risparmiato a queste donne della Turenna abituate alla sicurezza di un chiostro sotto un clima sereno. All’arrivo nel Québec, scorto il Cap Diamant, Maria dell’Incarnazione esclama: «È realmente il paese che avevo scorto in sogno …»8.
La prima sistemazione è delle più modeste: lungo il fiume, una casa affittata da madame de la Peltrie «così povera che si possono vedere brillare le stelle attraverso il soffitto», ma aggiunge madre Maria: «si possono vedere le navi ancorarsi davanti alla nostra casa» . Che donna positiva: sa trovare il lato buono delle situazioni!
All’inizio, si dovranno studiare le lingue, quattro lingue, poiché più tribù selvagge differenti passano dal Québec: l’algonchjno, il montagnais, l’huron e perfino l’iroquois. Dopo, bisogna costruire un monastero. Un terreno è stato loro concesso. Orsoline di Cap Diamant vicino al forte di Saint Louis. Sarà abitabile a partire dal 21 novembre 1642.
Abitabile sì, ma non necessariamente confortevole. Le suore patiranno molto freddo, ma la loro consolazione sarà quella di poter accogliere delle figlioline autoctone oltre a piccole francesi, figlie di coloni che abitavano il Québec. Accoglievano anche nel parlatorio i genitori delle loro fanciulle ai quali annunciavano la buona Novella del Vangelo.
Questo convento, costruito a prezzo di sacrifici e di lavoro, è distrutto da un incendio una notte dell’inverno 1650. Nessuna vittima, ma perdite materiali totali. Qui bisogna capire le parole che la nostra Beata indirizza al Signore: «Voi avete fatto questo, mio Dolce Amore, voi siate benedetto» . Di nuovo, Maria sintonizza la sua volontà a quella di Dio. Che eroismo! Malgrado i timori di vedere le suore ritornare in Francia, gli abitanti di Québec, sono meravigliati di vedere i sinistrati intraprendere la ricostruzione della loro casa. Ed è sempre sotto l’occhio vigile della Madre di Dio che Maria dell’Incarnazione dirigerà i lavori. Desidera nient’altro che sentire la presenza quasi fisica della Vergine al suo fianco: «Andiamo, mia Madre, andiamo a vedere i nostri operai» ripete recandosi sul cantiere.
Nel 1652 si può di nuovo abitare la casa dedicata a Gesù e a Maria. Il parlatorio delle Orsoline diviene il punto di sosta dei missionari gesuiti, dei governatori e di altri personaggi importanti della colonia, non esclusi i selvaggi ai quali fa sentire con generosità la sua sagacia. Come Sant’Angela, Maria dell’Incarnazione fa di ogni persona il suo prossimo. La sua porta e il suo cuore sono aperti a tutte le classi sociali. Le sue giornate sono occupate dalla preghiera, dall’accoglienza, dall’annuncio del Vangelo a tutti. Maria dell’Incarnazione aggiunge alle sue giornate lunghe ore dedite alla corrispondenza. Suo figlio Claudio, divenuto monaco benedettino, rimasto sempre in Francia, avrà il privilegio delle sue numerose e preziose lettere che parlano di tutto: spiritualità, progresso nella fede, temperatura, vegetazione ecc. Grazie a Dom Claudio, noi possediamo 278 lettere firmate da Maria dell’Incarnazione. Si può leggere: «Io uso ora gli occhiali …, io mi muovo in casa con l’aiuto di un bastone …» . Maria passa l’età media della gente del suo tempo. Le difficoltà della salute si accumulano e il 30 aprile 1672 Maria dell’Incarnazione si spegne dopo aver convocato al suo capezzale le “delizie del suo cuore” (nome d’affezione dato alle piccole selvagge). La colonia intera piange la dipartita di quella che papa Giovanni Paolo II ha chiamato “Madre della Chiesa in Canada”, all’epoca della sua beatificazione nel giugno del 1980.
L’opera iniziata nel 1639 è proseguita. Dal 1640, nuove reclute d’Orsoline erano arrivate dalla Francia. Era stato aperto anche un noviziato. Secondo il consiglio di Sant’Angela, Maria dell’Incarnazione avrà la preoccupazione di adattare le costituzioni portate dalla Francia alle realtà del suo paese d’adozione. Charlotte Barré, dama di compagnia di madame de la Peltrie, fu la prima novizia. In seguito, altre giovani nate nel Paese si aggiunsero alla comunità. Le figlie selvagge educate presso le Orsoline diventeranno delle premurose madri di famiglia, ma nessuna sarà Orsolina. Dai dintorni di Québec, così come di Montreal, delle giovani verranno per ricevere l’educazione impartita al monastero di Québec. Alcune diventeranno famose; basta pensare soltanto a Margherita d’Youville, a Giovanna Le Ber, alle “figlie del Re”.
Nel 1697, un primo convento, originato da quello di Québec, si apre a Trois-Rivières. Nel 1759, c’è la guerra tra francesi e inglesi che si chiude con il trionfo dell’Inghilterra. La classe istruita arrivata in Canada ritorna in Francia. Spetta al clero e alle comunità religiose il compito di assicurare la sopravvivenza della fede cattolica e della lingua francese, compito che le Orsoline assumeranno con tenacia.
Nel 1907, un gruppo di Orsoline di Quebèc aprirà una casa a Rimouski. Questi monasteri di Quebéc, Trois-Rivières e Rimouski, all’inizio autonomi, a loro volta, creeranno altre case nel loro territorio. Nel 1936, un primo contingente di Orsoline di Quebéc andrà in Giappone e fonderà più tardi una missione nelle Filippine. Infine nel 1961 le suore di Trois-Rivières apriranno, a loro volta, una missione in Perù.
È bene constatare che il carisma della verginità consacrata di Sant’Angela, il suo desiderio che il Regno di Dio si espanda, è sempre in azione in tutte queste parti del mondo. È una bella risposta alla preghiera della nostra Fondatrice s. Angela e di Maria dell’Incarnazione che si esprimeva così nella sua preghiera apostolica: «Io ho fatto in spirito il giro del mondo per cercare tutte le anime redente dal Sangue molto prezioso del mio divino Sposo».
Il convegno che voi avete organizzato in questo 200° anniversario della canonizzazione di Sant’Angela ne è la prova, così come tutte le celebrazioni che noi abbiamo organizzato in Quebéc, di cui l’ultima ha avuto luogo il 21 ottobre a Trois-Rivières.
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