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Figure di santita
Le Venerabili sorelle ELISABETTA e MADDALENA GIRELLI
Rifondatrici della Compagnia di S. Orsola di Brescia

Ove passano i Santi, Iddio passa con loro e la loro carità è come celeste profumo che attrae e consola” (Elisabetta Girelli)

“Ho sentito il mio cuore acceso di zelo: amiamo, amiamo l’Amore; facciamoci santi!” (Maddalena Girelli)


Fotografia Maddalena ed Elisabetta Girelli
 
Fotografia Stemma della famiglia Girelli
 
Fotografia Palazzo Girelli in via Cairoli, Brescia

 

La Compagnia di Sant’Orsola di Brescia, dopo la soppressione napoleonica avvenuta nel 1810, fu ripristinata ad opera delle sorelle Elisabetta (26 set. 1839 - 21 gen. 1919) e Maddalena Girelli (3 ott. 1888 - 7 mar. 1923), nate in città, nell’attuale via Cairoli. Il papà Giuseppe Girelli (1787-1875) si distingueva nel campo della beneficenza a favore delle giovani pericolanti, come presidente, per 47 anni, del pio luogo delle Zitelle di S. Agnese e delle Zitelle adulte. La mamma, Camilla Moro (1812-1859), era totalmente dedita alla famiglia, ed esercitava il suo compito con somma diligenza, custodendo le figlie “come la pupilla dell’occhio suo”. Ricorderà Elisabetta più tardi: “Nella mia famiglia vi erano due grandi elementi: l’ordine e la pace. Tutta la giornata era distribuita fra le cure domestiche, le pratiche di pietà e qualche onesto sollievo che godevamo tutti insieme”. Nell’intento di procurare alle figlie una adeguata formazione, i genitori le posero nel collegio delle Vergini di Castiglione delle Stiviere, dove era priora la zia Caterina Moro: Maddalena dal 1848 al 1856, Elisabetta dal 1849 al 1856.
Maddalena si mostrò subito di carattere calmo e giudizioso; Elisabetta era più vivace, ma la pazienza della sorella e la costanza delle educatrici ebbero buon esito e la convinsero a lasciarsi guidare da Maddalena, guadagnandone in buona condotta e maturazione. Ritornate in famiglia le due sorelle trovarono la mamma in condizioni precarie di salute, colpita già dalla malattia che la portò alla morte nell’agosto 1859. La propensione delle due sorelle a vivere insieme, a collaborare e a emularsi a vicenda, fu confermata dai genitori, nel momento della loro morte. La mamma morente confidò ad Elisabetta, come un sospiro: “Voi due sempre insieme!”. Il padre, nel suo testamento spirituale (1872) lasciò scritto: “Vi prego mie dilette ad essere sempre fra di voi unite con quell’affetto col quale il dator d’ogni bene vi ha posto nei vostri amabili cuori”.
Le due sorelle scelsero come direttore spirituale l’oratoriano padre Giuseppe Chiarini (1812-1890), il quale le guidò con fermezza e dolcezza. Non essendo disposte a seguire la via del matrimonio, il sacerdote le indirizzò, all’insaputa l’una dell’altra, verso la via della perfezione. Elisabetta si consacrò al Signore con voto di castità l’8 settembre 1856; anche Maddalena si mise sulla stessa strada, consacrandosi con voto di castità il 5 agosto 1857. La consacrazione a Dio chiamava all’ingresso in convento, ma circostanze di famiglia lo impedirono loro. Quando Elisabetta, l’11 marzo 1860, espose chiaramente, per lettera, al papà l’intenzione di entrare nell’Istituto delle Suore di Carità, egli non nascose la sua contrarietà. Ormai settantenne e rimasto solo dopo la morte della moglie, non si sentiva di appoggiare tale richiesta, pur lasciando alla figlia la libertà di seguire i suoi desideri. Il gesto di Elisabetta aveva rattristato il papà, ma si rivelò anche un momento provvidenziale, perché le due sorelle, dovettero svelarsi reciprocamente i loro progetti. Maddalena, che voleva anch’essa farsi suora, disse ad Elisabetta: “Quanti mezzi di far del bene ci offre il Signore anche restando a casa!”. Chiusa la via del chiostro, le due sorelle continuarono la loro attività di assistenza in famiglia e ad una loro sorella minore, Marietta, dedicandosi anche all’apostolato locale, nella loro parrocchia di Sant’Agata. Elisabetta osservava “Se non sarò Suora della Carità, sarò serva della carità”.
Le sorelle mantennero l’intenzione di continuare a vivere come consacrate, condividendo il loro disegno con altre amiche, le quali si mostrarono disposte a seguire lo stesso ideale, riunendosi come gruppo spontaneo, dandosi alcune regole. Il 4 aprile 1864 dodici giovani tennero la prima adunanza presso la cappella delle suore Dorotee di via Marsala. Il piccolo gruppo, si mise sotto la direzione di p. Chiarini, e formò una piccola comunità, con superiora Maddalena Girelli, cassiera Elisabetta, protettrici Maria Tagliaferri e la zia delle sorelle, Elena Girelli, che apparteneva alla soppressa Compagnia di Sant’Orsola. Le Girelli prepararono un piccolo regolamento ispirato all’esperienza di gruppi simili che andavano sorgendo in Italia, fondati dal sacerdote genovese don Giuseppe Frassinetti (1804-1868), intitolati a Maria Immacolata, le cui aderenti proponevano di consacrarsi a Dio, restando nel mondo e mettendosi al servizio della gioventù femminile.
Ma le Girelli volevano un’approvazione ufficiale e, tramite il loro direttore spirituale don Chiarini, chiesero l’intervento del vescovo di Brescia, monsignor Gerolamo Verzeri. Il vescovo ravvisò nel piccolo gruppo il luogo dove poteva rinascere l’ideale di Sant’Angela. Consegnò, quindi, alle Girelli la cinquecentesca Regola della Compagnia di Sant’Orsola, perché la studiassero e vi portassero dei necessari aggiornamenti. Gli eventi successivi ebbero uno sviluppo molto rapido: il 13 giugno 1866 il vescovo Verzeri dichiarò con decreto la rinascita della Compagnia nel gruppo delle Girelli; il 29 luglio 1866, nella cappella delle suore Dorotee, il vescovo presiedette una celebrazione in cui una sessantina di Figlie esprimevano il proposito di osservanza della regola della Compagnia di Sant’Orsola. Maddalena Girelli fu superiora, Elisabetta maestra delle novizie e superiore il padre Giuseppe Chiarini.
Le Girelli avevano così trovato la loro vocazione. Elisabetta notava in proposito: “Da quel punto la mia vita non fu più mia; la famiglia spirituale che Dio aveva affidato al materno amore di mia sorella, impose a me il dolce compito di affaticarmi con lei nella coltura spirituale della gioventù”. Maddalena si occupava della nascita di nuovi gruppi, dell’amministrazione delle opere della Compagnia, del rapporto delle Figlie con le parrocchie e di tutto ciò che riguardava il governo dell’istituto. Elisabetta seguiva la formazione delle giovani, che volevano entrare nella Compagnia. Il lavoro andò sempre più aumentando, perché i gruppi si diffusero in quasi tutte le parrocchie della diocesi, tanto che alla fine del Novecento le consorelle erano più di 3000.
Le Girelli operarono per la difesa morale delle giovani, creando convitti appositi a Marone (1877) e a Carpenedolo (1885), seguendo l’orfanotrofio Angelini di Pontevico, creando la scuola materna di Borgo Poncarale (1901), assistendo le inferme attraverso la Società della visitazione, preparando un alloggio per le studenti nella loro casa in via Cairoli, prima, e poi in un locale apposito. Si interessarono delle necessità delle parrocchie, iniziando l’opera del Santo Sacramento e delle Chiese povere (1881), che forniva paramenti e arredi alle parrocchie colpite dalle soppressioni delle leggi eversive del 1866 1867; sostennero la rivista "Scuola Italiana Moderna", fondata dal beato Giuseppe Tovini, in momenti di grave difficoltà economiche. Ma l’attenzione maggiore era rivolta al sostegno delle Figlie, che in ogni parrocchia, entravano in qualsiasi attività, dal catechismo, alla tenuta delle chiese, all’assistenza sociale. Affinché le consorelle potessero avere un luogo di ritrovo in Brescia, le Girelli ricavarono, dall’eredità della loro mamma, un fabbricato, Casa Sant’Angela (1899), per ospitare gli incontri, i ritiri e gli esercizi. Le Girelli vollero fin dall’inizio che le Figlie fossero vicine anche fisicamente alla loro Madre Sant’Angela, il cui corpo giace incorrotto in Sant’Afra. Per questo, nel 1867, acquistarono la casetta di Sant’Angela, attigua a questa parrocchia.
Elisabetta svolse la sua attività benefica anche con l’apostolato della penna. Si scoprì infatti scrittrice e mise a disposizione il suo talento, su consiglio del direttore spirituale. Cominciò a scrivere libri su Gesù Cristo: La scuola di Gesù Cristo aperta alle pie giovinette in cento meditazioni (1865); Della vita di Gesù Cristo e degli atti e martirio dei santi apostoli (1876). Illustrò gli ideali e gli esempi della Compagnia nei libri: Esposizione pratica della Regola di Sant’Angela Merici per’uso delle vergini della Compagnia (1867); Della vita di Sant’Angela Merici nel suo Istituto (1871). Diede alle giovani manuali di devozione e di morale: L’indirizzo e pascolo alla pietà per le giovani (1873); Manuale completo della devozione del Sacro Cuore di Gesù (1880); Fede e virtù. Letture istruttive ed edificanti per le giovani (1886). Spiegò anche i tratti spirituali e morali di Figlie di Sant’Angela, di suore e di sacerdoti, in agili biografie.
Le due sorelle, nei loro progetti di spiritualità e di opere si lasciarono guidare come docili Figlie dallo loro Madre Sant’Angela
Maddalena Girelli fece scaturire la sua azione apostolica da un sincero e profondo legame d’amore con Gesù Cristo considerato come “Sposo”, come insegnava Sant’Angela, incontrato nell’eucaristia, imitato nel suo spirito di umiltà, di carità e di immolazione. Elisabetta Girelli mise in rilievo soprattutto l’insegnamento di Gesù, spiegandolo con la pubblicazione di libri che spingevano i lettori a mettersi alla scuola del Salvatore, come discepoli attenti e obbedienti.
Le sorelle imitarono lo spirito di Sant’Angela, formando tra loro due e con le Figlie una vera comunità in cui ci si accoglie, ci si comprende, ci si corregge e ci si tratta con “piacevolezza”. Notava Elisabetta “Noi eravamo d’indole molto diversa, ed il Signore per vie diverse ci condusse entrambe a questo punto di trovarci unanimi nel pensiero, nel desiderio, nel proposito di spendere la vita nostra e tutto quel poco che il Signore ci ha donato per procurare con ogni mezzo a noi possibile la sua maggior gloria e il bene delle anime”.
Le sorelle ebbero lo spirito di Sant’Angela mantenendo una continua volontà di perfezione, applicandosi a vivere con generosità le virtù della vita cristiana, sottoponendosi ad un costante esame quotidiano, formulando precisi programmi di vita spirituale, non concedendosi battute d’arresto nei loro propositi. Sorrette da questo spirito di vigilanza sulla loro vita interiore, le due Girelli poterono guidare le consorelle, come madre e superiora, Maddalena, e come maestra Elisabetta, presentandosi come guide sicure per l’esempio di preghiera, di umiltà e di sacrificio che offrivano e usando la parola persuasiva, nutrita di fede, di preghiera e di dottrina, sempre chiara e pratica per insegnare ad amare Dio, a vivere per Dio, a trovare Dio in tutto e sopra tutto.
Una vita così operosa, come quella delle due sorelle, sostenuta da una soda vita interiore e espressa in sforzo perseverante di perfezione nella carità, è stata riconosciuta anche dalla Chiesa, che ne ha dichiarato eroiche le virtù, con decreti del 3 luglio 1998.
L’esempio tanto luminoso delle sorelle ebbe l’ammirazione anche di Papa Paolo VI. Egli, in un incontro con le Compagnie di S. Angela, a Roma, il 27 agosto 1966, ricordò le Girelli con parole di encomio, rivelando di aver celebrato una delle sue prime messe, nel 1920, nella stanza dove Maddalena giaceva ammalata, ed espresse un caloroso auspicio per la canonizzazione delle due venerabili con queste parole: “E non posso tacere il nome di due vostre grandi Consorelle, di due Signore consacrate anch’esse nella Compagnia di S. Angela, che hanno fatto lo sforzo di farla rivivere, voglio dire: Elisabetta e Maddalena Girelli. Tra parentesi, queste sì davvero meriterebbero che voi foste capaci di dire alla Chiesa: -Ma riconosca che sono veramente anime sante”.



| 10 maggio 2012 | Italiano