'In una miscellanea di documenti inerenti la Compagnia di sant’Orsola conservati nell’Archivio Storico Civico di Brescia è emerso recentemente un documento, forse unico nel suo genere, contenete le istruzioni impartite ai confessori. Si tratta di un fascicoletto manoscritto, assai deteriorato nel supporto cartaceo con un inchiostro sbiadito che ne rende problematica la lettura, titolato Ordini instruttori di padri confessori de la Compagnia di santa Orsola. Il sottotitolo reca l’accattivante motto: Ne li quali four ogni dubbio, et oppenione contraria, ogni capace, chi vorà, plenariamente sodisfatto sarà.
Il titoletto della prima pagina è il seguente: Sommaria instruttione data ai Padri confessori de la Compagnia di santa Orsola.
È un manoscritto rilegato in un fascicoletto di dieci fogli, senza data ma riconducibile per carattere, grafia, lessico alla seconda metà del Cinquecento. Questa ipotesi sembrerebbe confermata anche da alcuni elementi intrinseci al testo che permetterebbero di stabilire, con ragionevole approssimazione, il lasso di tempo entro il quale può esser stato redatto. Infatti la data post quam può essere fissata con certezza dal riferimento fatto alla Bolla di Paolo III del 5 giugno 1544, ma conosciuta a Brescia solo nell’aprile del 1546. Il fatto poi che essa sia presentata come già appartenente al corpus istituzionale della Compagnia sposterebbe ulteriormente la datazione tra gli anni Cinquanta/Sessanta del secolo.
SOMMARIA INSTRUTTIONE DATA AI PADRI CONFESSORI DE LA COMPAGNIA DI SANTA ORSOLA.
C.1. Parimente sappiasi, nel governo di essa compagnia non la madre et altre persone governatrici dover seguire essi padri, ma all’opposto. Perciò che dove è l’ufficio ivi è anchora la chiave della scientia e vera disciplina.
C. 2. Sappiasi (il che ancho si contiene ne la bolla papale et in essa regola) questa essere compagnia di vergini vere, cioè non conditionate, ma di assoluto et eterno voto di cuore. Le quali di prudente eletione hanno eletto il soblime et à Dio più grato stato di vita, e sprezzati i piaceri di huomo mortale hanno consagrato l’amor suo a quello che è immortale e bellissimo, senza i figliuoli de gli huomini, offerendogli eternamente i membri e verginità sua in vivo tempio. Ad esempio di quella che sola [è] detta Virgo virginum, cioè vergine de le vergini. La quale prima sapientemente cognobbe l’ottima parte e prudentemente ne fece eletione con voluntà assolutissimamente immutabile. Il che essa dimostra quando, intorno all’incarnatione del figliol di Dio, così à l’Angelo rispose: quomodo fiet istud quoniam virum non cognosco?
Da le quali parole prudentemente intese si cava come essa nel altissimo suo senso cognobbe et elesse immutabilmente l’unico mezzo di conoscere di amare, di congiungersi perfettamente con Dio. E che se l’Angelo (per dir così) havesse detto alla Vergine de le vergini essa per via comune haver da concepir il figliuolo di Dio, subito più tosto haverebbe rifiutato l’invito angelico, che mai in eterno consentir à perdita di sua virginità, ciò repugnando alla assoluta cognizione et amore di Dio. Mistero à puochi comprensibile. Secondo quel detto evangelico. Non omnes capiunt verbum istud. Cioè non tutti sono capaci di cotesto senso e verità!
C.3. Sappiasi stoltissima et abominevolossima cosa essere il tenere esserci dispensatione veruna per loro ne in cielo ne in terra, per poter discendere alla infima e pericolosa, tribolata, e macchiata matrimonial vita. Conciò sia cosa che anchor le maritate lecitamente siano di necessità di salute ubligate alla purità castimoniale, almeno col affetto, e desiderio. Essendo verissimo quel detto di santo Gregorio: non est bonum opus sine castitate, nec castitas sine bono opere. Cioè non vi è opera buona senza castità né castità senza opera buona. Perciò che necessariamente l’una e l’altra cosa si conseguiscono. Poi anchora vi è il comune consenso theologico le maritate essere ubligate anchora ai consigli ecclesiastici, almeno col desiderio. Onde a niun modo lecet essere inconstante et mutabile di proposito buono, ne da un perfetto grado di vita discendere al men perfetto. Perciò che subito così si diviene impotente et indisposto a poter far più ben, secondo quel detto evangelico: Nemo ponens manu ad aratrum et respiciens retro, aptus est regno dei.
C. 4. Sappiasi coloro che ci [si] sono maritate, o per rei consigli o di propria presontione e perfidia, star in continuo peccato mortale loro altrimenti non essendo convertite alla giusta penitenza, in quanto esse possiano. Ciò accennando santo Paolo quando dice cotale infelice generazione portar seco la condannatione, mentire che hanno annullata la fede di prima. In ciò nulla giovandogli dispensa veruna papale, la quale nulla è, perciò che né Dio né l’Papa può consentire a peccato veruno. Specialmente dicendo santo Gerolamo cotali maritate non solamente essere adoltere non ancora inceste [incestuose], cioè profanatrici de la sua honestà e di Dio, et di se stesse.
C. 5. Sappiasi alla conservatione della purità virginale necessaria cosa essere il fuggire la pratica e dimestichezza di maschi. E perciò essi padri spirituali dover ciò procacciare et a tutti i modi vietare che esse virgini non habbian conversazione, e ragionamenti di qual si voglia sorte famigliari, n’ancho di loro stessi padri spirituali ne altrove e meno nella sacre confessioni, se non in quanto importa la necessità di odire esse confessioni e dar la Penitenza e qualche consiglio spirituale. Et all’hora anchora quanto reservatissimamente sarà possibile. Si perché questo è consiglio e provisione d’ogni persona prudente si civile, come santa e di essa Giesa, come perché da cotesti ragionamenti domestici sogliono germogliare, nelle intrinsechezze e basse radici del cuore, certe ascose dilettationi dishoneste, ma che paiono spirituali. Le quali macchiano la virginità, et avelenan esse anime si sottilmente che la persona non se n’accorge, anzi ancho riputarà ciò essere novo profetto di spirito. Ma saranno saiette ascose del nemico, le quali poi si manifestaranno al giorno del giudicio, se più tosto non saranno sapute e lavate per penitenza. Però [perciò] temere fortamente e schifare conviene, et in ciò specialmente si ha da gridare col profeta Ab occultis meis munda me, et ab alienis parce servo tuo. Specialmente essendo cosa scelleratissima profanare sacramento de la confessione e di essa virtù del precioso sangue di Giesù Christo con simili piaceri. Sicché appena si dee supportare di fare ciò che richiede il bisogno di tal ministerio.
C.6. Sappiasi essi padri confessori solamente dover essere ministri di precetti e consigli celesti, e di l’osservatione di essa regola, et di salutiferi avisi a ciò induttici. Né giamai essi come ad essi richiedere ubbidentia alcuna, ma avviare le anime e cuori virginei a l’amore et ubbidienza del solo Iddio e di esso Spirito Santo che in esse grida. Perciò che non loro sono i sposi e padroni de le anime specialmente di quelle de le vergini. Ma è esso solo figliol di Dio al qual solo esse si sono date per spose integre et intatte. Però [perciò] a l’amore e divotione di lui solamente sono da essere tirate e non a la affetione et amore di loro stessi. Il che sarebbe cosa de le più perfide e scelerate che hora sono già furono e mai saranno. Però [perciò] santo Paolo, fra gli altri detti che a ciò appartengono, dice ancora così: Io son vostro ministro voi sete di Christo, e Christo è di Dio. Onde santo Francesco ne la sua regola, anzi Dio per santo Francesco, oltre che ivi, vieta con strettissimo comandamento ad essi suoi frati le famigliarità sospette di donne, gli comanda anchora che non debbano ricchieder ubbidientia da niuna persona, ma solamente dargli la penitenza e gli avvisi salutiferi e spirituali consigli, che loro habbiano a seguitare al suo beneplacito, se voranno far bene e salvarsi. Perciò che sa Dio sotto cotesti nomi altrimenti in se buoni di padri e di devote figliole spirituali non poche volte giacer sensi rei e mali spirti. Conciò sia cosa che il diavolo ivi specialmente insidia e tenda suoi lazzi. Et per questo santo Girolamo tante fiate sopra ciò grida e discopre nefande cose per via de così fatte dimestichezze.
C. 7. Sappiasi, essendo il fondamento de la unione e concordia l’appreciarsi e riverirsi l’una l’altra, ciò devesi sovra tutto procacciare specialmente col laudare le virtù e costumi di una a l’altra e col tacere i mancamenti. E se sono noti dire loro pentirsene, Dio per mezo di penitenza scanzellarli. Et sicome Dio non li ricorda, così la creatura deve fare, et haverle tanta fede, pregio et amore, quanto di prima et maggiore anchora. Et sicome loro vorebbono essere amate et abbracciate da Dio, il simile ancho esse fare alle proprie sorelle. Il che avisa e comanda Jesù Christo nel Vangelo, et altrove e dove dice: Dimittete et dimittetur vobis, qua mensura mensi fuoriti eadem et vobis remetietur. Cioè rimettete e vi sarà rimesso, con quella misura che ad altri misurarete a voi sarà rimisurato. E sopra tutto guardarse dai mormorii e dal dire una i vici [vizi] e mancamenti de le altre, ne di odirli. E specialmente da mormorare de i propri superiori, il che è peste de le più mortifere che siano e che minaccia discordia e roina grande.
C. 8. Sappiasi essere cosa necessaria esortare et indure esse vergini à la sobrietà et astinenza, ad i digiuni e mortificazioni, perciò che la prima legge che Dio diede a l’huomo fu quella del digiuno et astinenza. Et il solver tal legge fu il principio della roina humana. Sicché il fondamento e principio de la vita bona e spirituale sono essi digiuno et astinenze. Il che grida chiarissimamente tutta la vita de santi e di tutti i veri huomini cristiani.
C.9. Sappiasi fra le cose importantissime quella esserne una che per le case e contrate [contrade] con buono esempio e senza scandalo alcuno, sian spechio di modestia e patienza sopra tutto. E faccian si che tutti le riveriscano per li suoi boni di portamenti, non essendo mormoratore, non sdegnose, non quelle che per sua causa si discanzi in casa cosa alcuna. Costumatissime nel mangiare, sempre contentandosi di quello che gl’è porgesto, anzi a le volte dicendo essere troppo. E sobriamente mangiando fingere di haver mangiato più di quello che si è fatto, acciocché io ciò vedendo rendi la sua mercede e gratia. Questi e simili atti virtuosi acciò che in loro si verifichi quel detto di santo Paolo, Modestia vestra nota sit omnibus hominibus.
C. 10. Sappiasi le regole approbate esser vere vie di vita divinamente inspirate et da li padri santi et amici di Dio in Spirito Santo nella Giesa piantate per la necessità de la salute di molti. Perciò che altro non è l’approbatione de la Santa Giesa se non la testificazione tal legge di vita essere discesa dal volere d’Iddio. Sicome cosa antica che era inanzi ab eterno nel petto de l’altissima Trinità e poi a suoi tempi revelata. E fuori di ciò tutti gl’altri ordeni, riti, e costumi di vita esser novità profanate (come chiama santo Paolo) sempre solite ad essere sterpate e distrutte da l’Apostolica possanza. Ciò chiarissimamente i Sacri canoni in tal guisa gridando. Dignum est autem, ut plantationes quas non pater coelestis sed humanem temeritatis audacia plantavit culminis apostolici censura dividat. Ciò è degna cosa è che’l giudicio e castigo de l’apostolica altezza sterpi le piante le quali non il padre celeste, ma l’ardir de la prosontione de gli huomini le ha piantate.
C. 11. Sappiasi, la compagnia non dever esser dricciata et essortata né tenuta, se non ne la osservazione fedele di comandamenti e consigli di Dio de la sua Giesa e di essa regola, et insieme di riti, e cerimonie, costumi et usanze in essa universalmente servate et approbate. Né a modo alcuno ad altre vie di vita, né di orare né di praticare o altro operare, né a novità alcune, primogenita figliola de la superbia e madre di tutte le discordie e d’ogni superstitione. Perciò che stando la giustificazione e perfezione ne la perfetta osservazione di consigli e vie del Signore, da la santa Giesa approbate; chi vuole a ciò aggiungere et altre ponere costui è, o maggior di Dio (il che pur pensare è sceleragine) o il maggior pazzo che il mondo conosca. Però [perciò] scrive santo Luca, santo Zacaria e santa Elisabeta sua consorte, perciò essere stati giusti perché giova per tutte le giustificazioni del Signore senza querela. Ciò è per la sola legge ordini comuni da Mosè e da Profeti posti. Sicché niuno havesse occasione alcuna di mormorare di loro, che servassero cosa di proprio capo e fuori della legge comune. Altrimenti stoltissima cosa è lasciar le vie certe e secure di Dio per le incerte. Et anchora insieme pessima cosa è non stabilir il cuor suo in ferme vie e dottrine nelle quali si habbia securamente a caminare et vivere. Ma instabilmente hor l’una hor l’altra seguire, ne mai sempre ciò che è meglio. Il che manifestamente con instanza avisa e vieta santo Paolo in tal modo dicendo: Frates, doctrinis variys et peregrinis nolite abduci. Optimum est stabilire cor suum. Cioè fratelli non vi lasciate levar da dottrine di fuori e diverse, ottima cosa è fermare il cuor suo.
C. 12. Sappiasi le regole approbate di vita contenere in sè tutta la virtù di precetti e consigli divini, et essa perfezione evangelica ad essere osservata è fatta col novo aiuto e mezzo divinamente impetrato da essi patriarchi; et il quale di continuo invisibilmente è porgesto da Dio agli ubbedienti e fedeli osservatori di essa regola, la quale altro non è che pane evangelico del verbo di Dio in Spirito Santo, spezzato e porgesto secondo il bisogno rivelato divinamente. Il qual Dio benedisce e da gratia ai figlioli ne la virtù e meriti di padri secondo quel detto del Profeta: benedixit filiys tuis in te. Et altrove nei sacri libri si legge che Dio pigliò del spirito di Mosè e ne distribuì ai governatori del Popolo. Altrimenti vana e superflua cosa sarebbe il fare nove regole e congregationi di vita.
C. 13. Sappiasi ultimamente impossibil cosa essere il poter havere sentimento e spirito vero alcuno di vita se non nella fede et ubbedienza de la Sacra Santa Romana Giesa et che fuori di lei ogni fede et ubbedienza, ogni scienza e sapienza, ogni senso e spirito, ogni rito e cerimonia il tutto sia orribilmente vano, falso bugiardo, fallace, superstitioso, heretico, diabolico, mortifero, imperoché, e come bene chiarissimamente testifica il Sacro e venerabile decreto, Dio così ha ordinato che la chiesa Romana sola essa sia la madre e maestra d’ogni vivente, hora e in sempiterno.
Amen
POSITIONI FALSE SOPRA LO STATO VIRGINALE.
Falsa et heretica quella ostinata openione e senso che tiene et ha per bono che Dio voglia la virginità di prudente eletione esser dispensabile in luogo alcuno.
Falsa et heretica che dio voglia ogni ubligatione e legame esser dissolubile.
Falsa et heretica quella openione e senso che tiene poner si debba nella legge comune di vita quello esser solubile, il qual anchor che di sua norma sia solubile, tuttavia mai si è ritrovato soluto ò almeno di rado.
Falsa et heretica quella ostinata openione e senso che tiene quella virgine la quale di propria e libera volontà pubblicamente ha fatto professione di virginità in Compagnia di Vergini, specialmente per lungo tempo, possa in ciò esser dispensata di tal eletione di vita per essere cangiata di volontà al maritarsi.
Falsa et heretica è quella ostinata openione e senso che tiene quella virgine la quale una fiata nel suo animo prudentemente ha veduto non esser bene il maritarsi, e ciò poi con firmissimo proponimento l’ha formato, poi possia ricader in dubbio se è meglio e più grato a dio lei star così o maritarsi.
Falsa et heretica è quella ostinata openione e senso che tiene che si possia vero voto alcuno di virginità disprezzare.
Falsa et heretica è quella ostinata openione e senso che tiene quella virgine sia dispensata per gratia alcuna ne breve apostolico, la quale ne la sua supplica habbia tacciuta conditione alcuna anchor minima, la quale detta fusse stata, il Papa non l’havrebbe dispensata o almeno non così di facile. E con maggior penitenza imposta.
Falsa et heretica è quella ostinata openione e senso che tiene si possia dire quella virgine haver fatto voto stolto e perciò poter esser dispensata, la quale specialmente nel primo fiore del suo giovenil fervore ha gustata nel suo cuore intrinsicamente l’allegrezza de la speranza de le celesti nozze, per lo deliberato consenso et ha saputo la degnità dello stato virginale, come quello che più piaccia à dio, che ogni altro, et il quale più sia difeso e guardato da gl’Angioli. E perciò prudentemente essa l’ha eletto, et tutta l’anima et in corpo si ha promessa per sposa intatta e votata a l’altissimo.
Sopra ciò d’ogni dubbio et openione contraria ogni capace, chi vorà, plenariamente sodisfatto sarà.
10 marzo 2012
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