Una rapida premessa s’impone: S. Angela non ha fondato scuole, non ha elaborato una qualsiasi ratio studiorum, nè scritto trattati di pedagogia, si è occupata delle giovani donne del suo tempo e dalla sua città, indicando loro un ideale di vita altissimo, quello di essere vere e intatte spose del Figliol di Dio. Gli scritti che S. Angela ha lasciato erano e sono rivolti a quelle che avrebbero abbracciato quell’ideale (Regola), a quelle che avevano il compito di guidarle (Ricordi) o che occupavano ruoli di rappresentanza, di tutela... (Testamento).
In questi scritti c’è tanta saggezza umana e cristiana, tanto equilibrio e una tale forza dello Spirito, che costituirono e costituiscono il fondamento pedagogico dell’azione educativa delle Orsoline di tutti i tempi. Ad esse fu riconosciuta, da Bolle, Statuti, Regolamenti, come loro propria, la missione educativa e il Doneda, il primo che ha affrontato con criteri storico-critici la biografia mericiana, afferma che è quasi lo stesso il dire Orsolina, come dire una Maestra e che l’impiego di ammaestrare le giovinette quantunque non sia stato ingiunto alle sue vergini da S. Angela, egli è però in tutto conforme al di lei spirito.
Se nella storia della pedagogia le Orsoline non apportarono innovazioni originali e sostanziali supportarono e illuminarono con la paideia mericiana, che in prima istanza doveva essere applicata al rapporto tra le colonnelle della Compagnia e le figlie, quei sistemi e quei metodi che i vari periodi storici via via esprimevano . Inoltre non sarebbe possibile tracciare una storia rigorosa delle esperienze educative delle numerosissime famiglie mericiane, associate, congregate, religiose. Questo esigerebbe un lavoro di esplorazione, di ricerca e riflessione su un cumulo sterminato di documenti (Costituzioni, Statuti, Costumieri...) molti dei quali sono anche andati perduti. Forse, come per gli scritti della Madre, spesso non si tratta tanto di studi scientifici, quanto dell’elaborazione di una spiritualità educativa, di uno stile educativo.
La missione educativa è saldamente congiunta e armonizzata con la spiritualità religiosa; esse formano un’unità perfetta. Una intensa vita spirituale e un autentico fervore mistico fanno sintesi con la missione apostolico-educativa, sono coessenziali, integrati non in modo diacronico, ma sincronico. Il Cozzano afferma: E così, stando in mezzo al mondo e nella vita attiva, gustano della vita contemplativa. E in modo mirabile vivono unitamente nell’una e nell’altra. L’altezza della contemplazione non toglie le faccende, nè le faccende impediscono il gusto celeste. Né la luce celeste toglie le opere .
Ogni vita cristiana deve coniugare insieme contemplazione e missione, ma io credo che il carisma mericiano ne comporti in maniera riflessa, esplicita, direi statutaria, una convergenza stretta e vitale. Quando, in Francia soprattutto, la Compagnia assunse una diversa connotazione giuridica, con clausura e voti solenni, la missione era garantita da un quarto voto come a Parigi o da una promessa come a Digione.
Le Chroniques delle Orsoline francesi, edite a Parigi nel 1673 e pubblicate in italiano a Venezia nel 1705, interpretano in chiave educativa anche la passio di S. Orsola e commuove leggere, sia pure nello stile sontuoso e barocco del tempo come la santa martire sia chiamata maestra tra le undicimila scolare e, uccisa da una freccia, sia paragonata lei stessa a una freccia nascosta nella faretra di Dio e lì custodita fino al secolo XVI, quando fu scoccata per conquistare tante figlie... Vi si afferma anche che le Orsoline muoiono doppiamente a se stesse, prima per i voti professati e poi perché rinunciano alle delizie della solitudine per dedicarsi all’educazione.
Nell’Esortazione apostolica Vita consacrata il Papa rammenta che la vita della Chiesa «è ricca di ammirevoli esempi di persone consacrate che hanno vissuto e vivono la tensione alla santità mediante l’impegno pedagogico, proponendo allo stesso tempo la santità quale meta educativa. Di fatto molte di esse hanno realizzato la perfezione della carità educando» (n. 96). In altre parole hanno tradotto la carità in azione educativa.
Pensiamo alle schiere innumeri di Orsoline che hanno realizzato così la perfezione della carità! Sono diventate sante educando e educando hanno fatto i santi. S. Angela ravvisa nella mancanza di istruzione e di educazione della giovane donna del suo tempo la forma più grave di povertà e di discriminazione e con i due scritti che accompagnano la Regola, rivolti alle responsabili e alle governatrici, fa opera educativa. Così le figlie educate alla scuola di una tale Madre, diventano a loro volta educatrici.
È la vittoria del genio mericiano sui pregiudizi dei tempi.
Detto questo cerco di mostrare qualche favilla di quel meraviglioso fiammeggiare di intuito pedagogico della Madre, che le sue figlie espressero prima nell’istruzione religiosa e nella catechesi e poi in ogni forma di alfabetizzazione.
Primo viene lo stupore
...per prima cosa vogliate conoscere che cosa comporta una tale elezione e che nuova e stupenda dignità essa sia (Lettera proemiale alla Regola). Che cosa provoca stupore e incantamento? L’essere state chiamate a divenire mericiane, Orsoline, e quindi vere e intatte spose del Figliol di Dio. Da qui, da una nuzialità intensa e cara, discende in prorompenza d’amore, un amore che trasborda come un bisogno del cuore che ama, l’essere madri-educatrici.
Ciò che educa è il FUOCO d’amore che la figlia di S.Angela porta dentro e che traspare «come foco dietro ad alabastro» (Par. XV, 24). È educatrice se è contenta, se apprezza il dono ricevuto, se si sente realizzata, che è altra cosa dall’avere successo. Il compito educativo è spesso arduo, richiede spoliazione e gode di scarsa onorabilità, ma la figlia di S. Angela sa che non può esisterne un altro più degno (Lettera proemiale ai Ricordi). Ella è anche consapevole della incommensurabilità tra le sue risorse e la finalità che vuol perseguire.
Educazione come invocazione
S. Angela così dice: La fortezza e il vero conforto dello Spirito Santo siano in tutte voi affinché possiate sostenere ed eseguire virilmente e fedelmente l’impresa che avete su di voi (Lettera proemiale ai Ricordi). Noi di solito, se ci arriviamo, ricorriamo all’invocazione come ad ultima ratio, dopo aver esperito ogni tentativo.
Signore, non ce la faccio, da quel ragazzo non ottengo nulla, non so più a quali mezzi ricorrere, ti prego: fa’ qualcosa Tu! È bello anche così, ma la preghiera per un’educatrice non dev’essere l’ultima ratio, ma la sorgente, l’alveo, la foce di quel misterioso fiume che è l’impresa educativa.
Questo non significa che così ogni difficoltà sia superata. S. Angela aggiunge: ... e (possiate) aspettare la grande ricompensa che Dio vi ha preparato.
Ogni educatore sa che la riuscita non è assicurata e che deve attendere la ricompensa alle sue fatiche da Dio e solo nella fedeltà di Dio la ricompensa riposa ed è custodita. La Madre continua ... dovete pregare Dio che vi illumini e vi diriga e vi insegni quello che dovete fare. Chi si accinge ad insegnare deve farsi discepolo. Dietro ogni grande uomo di solito c’è un maestro grande. Sempre dietro ad un maestro vero c’è il MAESTRO.
...Nè vi deve pesare una tale impresa. Eppure spesso sentiamo il peso del nostro lavoro, addirittura col tempo il peso sembra diventare maggiore.
Mi viene in mente la leggenda di S. Cristoforo. Per un gigante come lui che cosa da poco traghettare un bambino, ma quel bambino via via pesava pesava... Non credo che S. Angela ignorasse la fatica che l’opera educativa comporta, tanto è vero che la citazione che ho appena fatto così è da lei completata: Nè vi deve pesare una tale impresa; anzi dovete ringraziare Dio perché si è degnato di mettervi nel numero di coloro che lui ha scelto per affaticarsi a governare e custodire simile suo tesoro.
I nostri alunni sono il tesoro di Dio e quindi anche il nostro. Questo diventa tanto vero quanto è vera l’altra espressione: Abbiano Gesù Cristo come unico loro tesoro (Quinto Ricordo). L’Orsolina ha Gesù Cristo come unico tesoro e si adorna dei gioielli di lui. Dire mericiana è spesso richiamare l’immagine di una donna circondata da giovani. Come l’antica matrona romana non ha altri gioielli. Quest’estate ho soggiornato per un mese in un Paese africano e spesso mi erano presentati ragazzi, giovani, padri e madri di famiglia, con questa espressione: È la figlia, o il figlio di sr... e capivo che in quel: figlia o figlio di sr... c’era più di una metafora, perché quelle suore hanno circondato di attenzioni e di premure quei ragazzi come fa una madre.
Il volto della madre
Che cos’è l’educazione se non una generazione continuata, una maternità piena? S. Angela, semplice e fiera, afferma di essere stata eletta ad essere madre e viva e morta (Terzo Ricordo) della Compagnia.
Maternità come carisma. Diecimila pedagoghi non valgono un padre, dice S. Paolo ai Corinti. Nè una madre! L’immagine della madre ci accompagna per tutta la vita, ci educa e ci insegna quell’opera d’amore che è l’educazione. È l’immagine della Madre Angela che ogni mericiana deve sempre ricordare, cioè riportare alla prossimità del cuore, per sapere come si educa. Ho letto da qualche parte che in una scuola di Francia, durante una attività didattica, un bambino si mise a piangere perché aveva dimenticato com’era la sua mamma. Aveva dimenticato com’era il suo volto. Solo dopo essere stato accompagnato a casa ed aver contemplato quel volto, il bambino ritornò a scuola contento. Dobbiamo richiamare spesso il volto della nostra comune Madre e ogni giorno torneremo a scuola contente. Cerchiamo di coglierne insieme, e necessariamente solo per cenni fugaci, alcuni tratti.
L’umiltà. ...vi raccomando di sforzarvi, con l’aiuto di Dio, di prendere e piantare
in voi questo buon concetto ed umile sentimento: che non vi crediate degne
di essere superiore e colonnelle. Anzi ritenetevi come ministre e serve, considerando che avete più bisogno voi di servirle di quanto non abbiano bisogno loro di essere servite e governate da voi (Primo Ricordo).
Umiltà come servizio: essere serve dei nostri alunni non è altro dall’essere loro madri. L’essere ministre e serve è un dono per chi esercita il servizio poiché chi esercita il servizio ha più bisogno lui di servire di quanto non ne abbiano quelli che sono serviti. Servizio non già ai metodi, all’organizzazione, ai tecnicismi, ma alla Persona dell’alunno, che è accadimento e può sorprenderci nel suo misterioso manifestarsi, servizio a qualcosa che supera la finitezza umana ed è quell’interiorità dove dimora il segreto di Dio.
L’Orsolina proclama alto il valore della persona.
È questo il cuore caldo dell’insegnamento ed allora il nome che più conviene a questo servizio alla persona è: Amore.
Amate le vostre figlioline ugualmente..., perchè tutte sono creature di Dio, e voi
non sapete che cosa lui voglia fare di loro. Infatti, come potete sapere voi se quelle che vi sembrano più da poco e di minor conto non saranno un giorno le più generose e le più gradite alla sua maestà? (Ottavo Ricordo). Nel solco dell’amore, come è suggerito dagli scritti della Madre, la riflessione si amplifica fino a tras-gredire ogni pretesa di contenimento in una conversazione come la nostra. L’amore ha mille componenti, mille esigenze, mille richiami e si può capirlo solo vivendolo. Di quel sole che è l’amore di chi educa, S. Angela mostra tutto lo spettro di colori e di riflessi: l’amore circonda di stima, sostiene e conforta soprattutto chi è più timido, è vigilante e sollecito, affabile e discreto, non è generico, anonimo (le figlie devono essere scolpite nel cuore ad una ad una), non è intermittente (sempre bisogna averle a cuore), non è parziale, si dà molto da fare ed è paziente... In sintesi direi che l’educatrice, figlia di S. Angela, debba favorire l’emergere, in libertà, del mistero dell’educando, attraverso il dono dell’ospitalità, nei due sensi: fare spazio in sé per accogliere l’altro (...vi supplico d’aver scolpite nella mente e nel cuore tutte le vostre figliole, una per una – Secondo Legato) e uscire da sé per andare verso l’altro (Vogliate andare a trovare le vostre care figlie e sorelle, e salutarle, vedere come stanno, confortarle, animarle... - Quinto Ricordo).
Bisogna rendere abitabili gli spazi, creare dimore accoglienti in cui ci si possa sentire a casa propria e si sia liberi anche di ritirarsi ed avere una «stanza tutta per sè», come direbbe Virginia Woolf e, prima ancora, la donna di Sunem che ospitava il profeta Eliseo. ... guardatevi dal voler far fare per forza (Terzo Legato) raccomanda S. Angela.
Solo insieme si può
Dal rapporto amante con Gesù, «unico tesoro» dell’Orsolina, discende, nel segno della sovrabbondanza e quasi per irraggiamento, il suo essere apostola, ma lo slancio missionario invoca la comunione e, d’altra parte, la comunione è il segreto di una missione autentica.
Le Istituzioni (ogni istituzione) possono sperimentare tempi di inaridimento, di ossidazione, occorre allora un recupero carismatico. Per l’istituzione mericiana il recupero carismatico dovrebbe avvenire, io credo, nell’ordine dell’insieme. Forse negli scritti della Madre non c’è esortazione più reiterata, ispirata e vibrante di quella della unità tra le sorelle.
L’attività educativa o è attività di comunione vera o non è. Non sono ammessi oligarchie, corporazioni, esclusivismi. L’azione di un team compatto, di un gruppo di sorelle unite non è solo accostamento o messa in comune delle doti di ciascuna, ma è una realtà altra, che trova senso e forza nella presenza del Signore. Secondo l’antica leggenda anche le undicimila vergini, compagne di S. Orsola, vissero una straordinaria esperienza di unione, erano «cor unum et anima una».
Bisognerebbe leggere e pregare spesso lo splendido Ultimo Ricordo nel quale la Madre raccomanda con accenti commossi e commoventi l’unità tra le figlie: L’ultima parola mia che vi lascio e con la quale vi prego fino al sangue, è che siate concordi, unite insieme tutte d’un cuore e d’un volere. Siate legate l’una all’altra col legame della carità, apprezzandovi, aiutandovi, sopportandovi in Gesù Cristo... Considerate quanto è importante tale unione e concordia. Allora desideratela, cercatela, fatela vostra, conservatela con tutte le vostre forze....
La prima missionaria insegnante è un’Orsolina, Maria dell’Incarnazione, divenuta madre della Chiesa canadese e quando, sotto l’urto di incredibili vicende, la sua stessa vita è in pericolo e il vescovo la consiglia di rientrare in Francia, ella afferma: «Sotto il cielo non c’è niente che sia capace di scuotermi e di farmi uscire dal Canada; a meno che non si tratti di lavorare all’unione delle nostre Congregazioni di Orsoline: unione per la quale sarei pronta a fare e a soffrire qualunque cosa» (Lett. CLXIX, 1655). Solo animate da quest’ansia di comunione tutte insieme: Compagnie, Congregazioni, Ordini, Unioni, Federazioni, Conferenze, Aggregazioni laicali... potremo, fedeli all’eterno e all’oggi, rispondere alle sfide della storia, fare nuovo il nostro fare scuola, educare come faceva la nostra Madre.
ANGELA È VIVA nella Compagnia, lo sappiamo, Lei ce l’ha assicurato, ma gli altri lo sapranno e lo vedranno solo se saremo unite tra noi.
8 febbraio 2013
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